sabato 16 giugno 2012

Psicoterapia ipnotica

La psicoterapia ipnotica può essere definita come un processo attraverso il quale si aiutano le persone ad utilizzare le loro associazioni mentali, ricordi e potenzialità vitali per raggiungere il proprio scopo terapeutico.

Lo stato di ipnosi (la trance terapeutica) è un periodo durante il quale i limiti dei propri abituali schemi di riferimento sono temporaneamente alterati: la persona può essere ricettiva ad altri modelli di associazione e modelli di funzionamento mentale che tendono alla soluzione dei problemi.

Per imparare ad entrare in uno stato di trance è sufficiente concentrarsi sulle proprie sensazioni e individuare le proprie capacità di consentire che le cose avvengano. Attraverso l’ipnosi il terapeuta aiuta il paziente a trovare le proprie strade individuali: la suggestione ipnotica può facilitare l’utilizzazione di capacità e potenzialità che esistono già in una persona ma che rimangono inutilizzate o sottosviluppate per mancanza di esercizio o perché non comprese.

Non è dato sapere con precisione l’epoca in cui l’ipnosi sia stata utilizzata per la prima volta in senso terapeutico, tuttavia è probabile che il suo uso, sotto altri nomi, risalga ai primi sforzi fatti dall’uomo per guarire. Nel 1972, ad esempio, è stata trovata la più antica registrazione di una seduta ipnotica nell’incisione di una stele egiziana risalente al regno di Ramsete XII della Ventesima Dinastia.

Come avviene la guarigione? Cosa fa si che la persona ritorni ad uno stato di salute? Mentre i trattamenti sono interventi che vengono dall’esterno, la guarigione è qualcosa che viene dall’interno e riguarda l’intero sistema del corpo. In altre parole, la cura è l’attivazione di risorse interne durante il processo di guarigione.

In psicoterapia il corpo e la mente del paziente sono la prima forza rimediale, perciò, il principale ruolo del terapeuta è di catalizzatore: il terapeuta è responsabile di aiutare il cliente a riconoscere nuove possibilità.

L’ipnoterapeuta associa ciò che i pazienti possono fare bene con il comportamento di trance. In trance il paziente può sperimentare ciò che vuole veramente in una realtà interna allucinata. Questa esperienza lega le reali capacità di comportamento della persona con i desideri allucinati, così che i desideri possono essere attualizzati. 



In questo processo l'ipnosi è il collante, lo stato di concentrazione o il medium nel quale fantasie e desideri sono associati e legati alle capacità comportamentali così che ciò che si desidera può essere attualizzato nel comportamento reale. Il terapeuta non fa altro che costruire ponti tra ciò che i pazienti riescono a fare e ciò che vogliono fare.



giovedì 26 maggio 2011

Ipnosi e Psicoterapia Ericksoniana

La psicoterapia ericksoniana si ispira all’opera di Milton H. Erickson, generalmente considerato il maggior specialista di ipnosi clinica al mondo: quando si parla di Erickson, infatti, si pensa soprattutto alla sua opera sull'ipnosi. Oltre che un grande innovatore nel campo dell’ipnosi clinica e sperimentale, Erickson è stato un maestro della psicoterapia breve, nella quale dispiegava una inesauribile varietà di tecniche di cambiamento.



La psicoterapia ericksoniana fonda la sua prassi su di un modello di comunicazione che, tenendo conto dell’influenza reciproca che si instaura naturalmente nella relazione tra paziente e terapeuta, non necessita di un’induzione formale d’ipnosi per accedere alle risorse inconsce dei pazienti e favorire la soluzione ai problemi di cui soffrono. L’elemento chiave della psicoterapia ericksoniana, infatti, non sta semplicemente nell'uso di una "tecnica ipnotica", ma nell'utilizzo mirato delle risorse psicofisiche del paziente in grado di favorire il processo di autoguarigione e la riattivazione delle capacità necessarie per affrontare, al meglio, le difficoltà della vita.

La filosofia dell’intervento ericksoniano si rifà ad alcuni criteri generali che risultano importanti affinché una persona possa vivere una vita più felice e produttiva: la flessibilità, un atteggiamento umoristico verso di sé e il mondo e uno sguardo positivamente rivolto al futuro sono tutti fattori che favoriscono il benessere di una persona. Connesso a quest'ultimo fattore, ad esempio, la psicoterapia ericksoniana parte dal presupposto che, se è vero che gli antecedenti del problema di una persona vanno ricercati nel suo passato, non è altrettanto vero che questi siano la chiave per la risoluzione del problema stesso. A volte conviene dare la precedenza alla ricostruzione ed al cambiamento dei fattori che mantengono il problema nel presente.



Secondo l'idea di cambiamento che emerge dal lavoro di Erickson e dei suoi collaboratori, i cambiamenti dovrebbero essere il più possibile il risultato di una modifica di prospettiva del paziente (non c'è bisogno di interferire con la sua immagine del mondo): piuttosto che cercare di perseguire mutamenti ampi e profondi è preferibile dare avvio ad una serie di piccoli cambiamenti (per esempio portando il paziente a fare una nuove esperienze) che però siano in grado di alterare i modelli di comportamento disfunzionali, avviando così un graduale (e autonomo) processo di cambiamento.



Lo scopo implicito della psicoterapia ericksoniana è di aiutare il paziente a tornare al più presto ad una normalità di vita caratterizzata dal progressivo raggiungimento di tappe stabilite dall’età e dall’ambiente culturale della persona. Di conseguenza, la psicoterapia ericksoniana è per definizione “breve” in quanto parte dal presupposto che stare in psicoterapia non è una condizione naturale dell’essere umano: è piuttosto una condizione a cui la persona è costretta per una specifica difficoltà evolutiva.

 
 
Dott. Luca Lavopa
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Psicoterapia Breve Strategica

La psicoterapia breve strategica, come modello intervento psicologico, nacque intorno agli anni settanta, grazie al lavoro dei ricercatori del Mental Research Institute (MRI) di Palo Alto in California (USA). Gli studiosi dell’MRI sintetizzarono il frutto delle loro ricerche sulla comunicazione e sulla terapia con le famiglie (psicoterapia sistemica), con i contributi tecnici dell’ ipnoterapia di Milton Erickson, giungendo alla formulazione di un modello sistematico di psicoterapia volto alla soluzione dei problemi umani in tempi (quanto più possibile) brevi. Sebbene dal punto di vista teorico la metodologia strategica fondi la sua prassi sulla teoria sistemico relazionale, dalla prima fase di studio, osservazione, affiancamento e sistematizzazione del lavoro clinico di Milton Erickson, l’approccio strategico andò evolvendosi negli anni seguendo diverse direzioni.
In linee generali, la filosofia di intervento strategica parte dal presupposto che la realtà soggettiva (ossia ciò che noi percepiamo attraverso i nostri sensi e ci rappresentiamo mentalmente) è frutto di una costruzione funzionale dell’essere umano in interazione con il suo ambiente di vita. Nella prospettiva strategica, quindi, le problematiche cliniche sono considerate come il prodotto di una modalità disfunzionale di percezione e reazione nei confronti della realtà (letteralmente costruita dal soggetto attraverso le sue reiterate disposizioni e azioni). All'interno di questo processo di costruzione, se cambiano le modalità percettive della persona cambieranno anche le sue reazioni.

In altre parole, la concezione clinica di base della psicoterapia strategica è che la risoluzione di un disturbo richieda la rottura del sistema circolare di retroazione tra soggetto e realtà che mantiene la situazione problematica. L’attenzione terapeutica è così focalizzata da un lato su come la persona, e le persone intorno a lei, hanno cercato e cercano, senza successo, di risolvere il problema (ovvero le tentate soluzioni che spesso finiscono per alimentare il problema), dall’altro su come sia possibile cambiare la situazione problematica nella maniera più rapida ed efficace (vale a dire le strategie e gli stratagemmi che possono produrre esperienze percettivo-reattive alternative).

Fu così che, nelle sue fase iniziali, i clinici statunitensi che facevano riferimento al Mental Research Institute di Palo Alto, focalizzarono la loro attenzione e le proprie ricerche sul circolo vizioso di persistenza di un problema, alimentato dai tentativi di soluzione messi in atto dagli stessi portatori del disturbo e, di conseguenza a ciò, maturarono l’esigenza di intervenire con manovre tese a bloccare e ristrutturare le tentate soluzioni disfunzionali. Altri ricercatori si focalizzarono sulla direttività comunicativa del terapeuta e su come basare l’intervento sulla riorganizzazione dei giochi di potere nelle dinamiche comunicative e gerarchiche. Altri ancora, infine, sul costruire soluzioni attraverso le “eccezioni” al problema, indipendentemente dalle sue modalità di persistenza.

In tempi recenti, la psicoterapia strategica si è data, come obiettivo principale, quello di evolvere da modelli generali di terapia verso protocolli specifici di intervento per particolari patologie, ossia, sequenze prefissate di manovre terapeutiche con potere euristico e predittivo, capaci di guidare il terapeuta alla rottura, mediante particolari stratagemmi terapeutici, di specifiche rigidità patologiche e alla loro ristrutturazione in modalità funzionali di percezione e reazione nei confronti della realtà. Al fine di tale progetto la metodologia strategica si è avvalsa, non solo della tradizione teorica, applicativa e di ricerca della terapia breve, ma di una nuova rigorosa metodologia di ricerca empirico sperimentale, in linea con la ricerca avanzata tipica della fisica e delle scienze applicate più evolute.

Questa ottica di terapia contrasta con la convinzione comune che problemi e disagi che persistono da molto tempo necessitino obbligatoriamente, per essere risolti, di un altrettanto lungo e sofferto trattamento terapeutico. Ovviamente, esistono casi che richiedono una terapia più lunga e casi che richiedono una terapia più breve. Tuttavia, se una terapia funziona, i primi miglioramenti possono presentarsi anche molto presto.

 
Dott. Luca Lavopa
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Programmazione Neurolinguistica - PNL

La Programmazione Neurolinguistica (PNL) nasce dall’opera di un matematico, Richard Bandler, e di un linguista, John Grinder. Il lavoro di questi due studiosi fu principalmente frutto di anni di ricerche orientate a scoprire attraverso un’analisi minuziosa e attenta, quale fosse quel quid (in termini di comportamenti specifici e riproducibili) che permetteva a terapeuti di orientamento teorico diverso (ad esempio Fritz Pearls, Milton Erickson, Virginia Satir, ecc) di avere una costanza di risultati positivi talmente rilevante.

Dal momento che dagli anni settanta ad oggi le acquisizioni della PNL, nate in buona parte dallo studio attento dell'ipnosi ericksoniana, sono andate diffondendosi ben oltre il ristretto ambito della psicoterapia, lo scopo di questo articolo è di descrivere (in modo estremamente sintetico) gli assunti di base ed il contributo che questa disciplina continua ad esercitare in ambito clinico.



Tre sono le caratteristiche principali della programmazione neurolinguistica:

- la pima, pone l’accento sulle capacità creative e organizzatrici della mente inconscia sia come struttura che ha creato il problema psichico, che come strutturain grado di risolverlo;

- la seconda caratteristica consiste nella descrizione minuziosa dei processi sensoriali tramite i quali l’individuo organizza al suo interno i dati della realtà esterna e li integra con quelli già esistenti, e delle strategie di decodificazione che influenzano i comportamenti emessi in risposta agli stimoli;

- la terza ed ultima caratteristica concerne all’organizzazione di un sistema di strategie psicoterapeutiche precise e puntuali che consentono al programmatore neurolinguistico di portare il paziente stesso a una ristrutturazione funzionale delle sue strategie interne, in modo che possa raggiungere la meta terapeutica, i suoi obiettivi.



Approfondendo lo studio della struttura della soggettività, la programmazione neurolinguistica è giunta a mostrare come noi non operiamo direttamente sul mondo in cui viviamo, ma creiamo piuttosto modelli, mappe o rappresentazioni del mondo e dell'ambiente che ci circonda, e li usiamo come guida per il nostro comportamento. Da questo punto di vista, per un Programmatore Neurolinguistico una psicoterapia efficace implica un cambiamento nel modo con cui il paziente rappresenta la propria esperienza.



Dal momento che il linguaggio umano è un modo di produrre e di comunicare rappresentazioni del mondo e che il sistema nervoso responsabile della produzione del sistema rappresentazionale del linguaggio è lo stesso sistema nervoso con il quale gli uomini producono ogni altro modello del mondo (di pensiero, visivo, di movimento, ecc), i principi formali che i linguisti hanno individuato nell’ambito del sistema rappresentazionale del linguaggio ci offrono un approccio esplicito alla comprensione di tutti gli altri sistemi di modellamento umano. In ciascuno di questi sistemi, infatti, operano gli stessi principi di struttura.



Mostrando la struttura del linguaggio e spiegando come usarla, Bandler e Grinder sono riusciti a fare della linguistica una base teorica ed al tempo stesso uno strumento terapeutico. I meccanismi operanti nel linguaggio, infatti, sono universali per tutti gli esseri umani e sono il modo in cui ci rappresentiamo la nostra esperienza.



Nonostante il significato semantico che questi procedimenti rappresentano sia infinitamente ricco e vario, il modo in cui questi significati sono rappresentati e comunicati è retto da regole. Le strategie terapeutiche messe a punto dalla programmazione neurolinguistica, infatti, agiscono non già attraverso l'analisi dei significati esistenziali espressi dal paziente (come nel caso delle interpretazioni psicoanalitiche) bensì attraverso il modo in cui vengono formati, a livello sintattico, i significati stessi.


Dott. Luca Lavopa
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Training Autogeno e Autoipnosi

Il metodo del Training Autogeno fu ideato dal Dr. J.H. Schultz che lo descrisse per la prima volta nel 1932.

Così Schultz descrive il suo metodo: “Il principio fondamentale del metodo consiste nel determinare, per mezzo di particolari esercizi fisiologico-razionali, una deconnessione globale dell’organismo che, in analogia con le metodologie eteroipnotiche, permette di raggiungere le realizzazioni proprie degli stati suggestivi”.

I concetti basilari di questo metodo sono assai remoti: essi risalgono agli anni 1908-1912 e vennero esposti dall’Autore nella sua descrizione sulla metodologia psicoanalitica e nella sua rielaborazione delle teorie sull’ipnosi.

Nel particolare furono i lavori di Oskar Vogt ad attrarre l’attenzione di Schultz. Nei suoi studi fondamentali sull’ipnosi, Vogt segnalò come persone di una certa cultura e di buone capacità di critica fossero in grado di determinare la deconnessione propria dello stato ipnotico su se stesse e da sole, realizzando così uno stato di autoipnosi.

Ciò che ad entrambi gli Autori fu subito chiaro è che: “Se un individuo è in grado di porsi in uno stato di autoipnosi, può in questo modo realizzare una valida condizione di distensione, di calma, di recupero; trovandosi in una situazione particolarmente critica dal punto di vista fisico o psichico, sarebbe in grado, mediante la realizzazione di uno stato autoipnotico, di evitare che le eccitazioni possano raggiungere livelli tali da divenire dannose”.

Il lavoro di Schultz fu essenzialmente quello di predisporre un metodo che permettesse di raggiungere uno stato ipnotico senza che vi fosse bisogno di un’induzione di ipnosi, senza il ricorso alla suggestione (che al tempo era l’unico modo conosciuto di indurre uno stato di trance). Il metodo del Training Autogeno è così un metodo molto ben strutturato di autoipnosi accessibile a chiunque e che può essere appreso sia individualmente che in gruppo.

Training significa allenamento, cioè l’apprendimento graduale di una serie di esercizi di concentrazione psichica passiva, particolarmente studiati e concatenati, allo scopo di portare progressivamente al realizzarsi di spontanee modificazioni del tono muscolare, della funzionalità vascolare, dell'attività organica, dell'equilibrio neurovegetativo e dello stato di coscienza. L’allenamento porta a modificazioni sempre più valide, precise e consistenti.

Autogeno significa “che si genera da sé”. Lo Stato Autogeno è una condizione di passività assoluta realizzata nella indifferente contemplazione di quanto spontaneamente accade nel proprio organismo e nella propria mente. In conseguenza dell’apprendimento di questo nuovo ed insolito atteggiamento si sviluppano spontanee modificazioni psichiche e somatiche di senso opposto a quelle provocate nella nostra mente e nel nostro corpo da uno stato di tensione, di ansia, di stress.

Gli Esercizi del Training Autogeno si basano su una successione guidata di esperienze di concentrazione psichica che, per stadi, si focalizza sulle sensazioni di calma, di pesantezza, di calore e sulle sensazioni provenienti dai vari distretti corporei. L'apprendimento esperienziale degli esercizi di Training Autogeno permette di acquisire, in breve tempo, la capacità di rilassarsi in sintonia con le sensazioni provenienti dal proprio corpo, di sperimentare auto-controllo sulle funzioni altrimenti "involontarie" del proprio organismo (sulla distensione muscolare, la decontrazione vascolare, il respiro, il battito cardiaco e sulle funzioni degli organi addominali).

Il Training Autogeno è uno strumento efficace nel favorire:

- Un più profondo e rapido recupero di energie

- Autoinduzione di calma

- Autoregolazione di funzioni corporee altrimenti involontarie

- Miglioramento delle prestazioni

- Diminuzione della percezione del dolore

- Autodeterminazione

- Introspezione e autocontrollo

La Pratica del Training Autogeno rende così possibile ridurre gli effetti dello stress sul nostro organismo, imparare a modificare la percezione del dolore fisico, affrontare meglio situazioni cariche emotivamente o fonte di ansia, migliorare il tono del proprio umore, recuperare energie e sviluppare una più profonda e funzionale esperienza di sé stessi e del proprio corpo.

Dott. Luca Lavopa
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Ipnosi animale

L'ipnosi animale, analogamente a quella umana, ha una storia molto antica: nel Talmud, ad esempio, si accenna all'ipnosi di lucertole, scorpioni e serpenti in quanto, tale pratica, serviva soprattutto per difesa contro gli animali velenosi.
Anche in Egitto i procedimenti per ottenere l'ipnosi negli animali erano molto diffusi: è noto come gli incantatori di serpenti egiziani, in genere, premessero la nuca del cobra per dargli poi un colpo improvviso. In questo modo provocavano uno stato ipnoide con inibizione delle reazioni e l'animale diventava rigido come un bastone. Alcuni ricercatori, infatti, interpretano come ipnosi animale anche la trasformazione di un serpente in un bastone menzionato di frequente nella Bibbia.

Da un punto di vista scientifico la storia dell'ipnosi animale può arbitrariamente essere fatta risalire al 1646, con l' "Experimentum mirabile de imaginatione gallinae Kircherei", che tradotto in italiano è: " Il meraviglioso esperimento con cui Padre Kircher riusciva a incantare un pollo".

Così, questo Padre gesuita, descriveva l'esperimento: "il pollo deve essere premuto dolcemente al suolo mentre con un gesso si taglia una linea, dritta o a zig-zag, che parte dalla testa immobilizzata o, per essere più precisi, dal becco dell'animale; questa manovra è sufficiente a far si che il volatile si irrigidisca in questa pur incomoda posizione. Se l'animale a questo punto viene lasciato a sé stesso, continua a rimanere immobile fin quando, per effetto di uno stimolo particolare (un rumore una sollecitazione, ecc.), non riprende la sua capacità di muoversi".

Per chi voglia ripetere l'esperimento, non importa che si usi propriamente un gesso (è sufficiente anche un bastoncino), né che si tagli con questo una linea a zig-zag. Lo stato ipnoide, seguendo la procedura, si ottiene comunque ed è reversibile anche senza ulteriori stimolazioni. L'esperimento di Padre Kircher interessò molto, sin dall'inizio, tutti coloro che si occupavano di questioni psicologiche. Tuttavia, nonostante gli sforzi per interpretare questi fatti conformemente alle conoscenze del tempo, fu solo in seguito allo sviluppo delle conoscenze relative all'ipnosi ed alla psicofisiologia (nella metà dell'ottocento) che tali esperimenti divennero scientificamente comprensibili.

Ovviamente la fenomenologia ipnotica umana è ben diversa, per ricchezza di manifestazioni possibili, da quella che si ritiene inducibile negli animali. Negli animali di ordine inferiore lo spavento (come per le galline del gesuita), la fascinazione od altri metodi meccanici (come il colpetto sulla nuca del serpente) provocano fenomeni ipnotici relativamente semplici - catalessia (un progressivo irrigidimento muscolare) e cataplessia (paralisi da spavento). Gli animali che si trovano invece ai gradini più alti della scala zoologica presentano, in rapporto al progressivo sviluppo del cervello, una sempre maggior varietà delle manifestazioni psicovegetative dell'ipnosi. L'efficienza ed il grado di sviluppo del sistema nervoso e del cervello condizionano infatti le possibilità fisiologiche dei meccanismi ipnotici.

Interessanti al riguardo sono le metodiche di induzione di ipnosi di F.A. Volgyesi (medico e psicoterapeuta ungherese) che compì esperimenti su migliaia di animali: dalle cavallette, ai granchi, i piccioni, i conigli, i leoni, gli orsi, fino alle scimmie. Da tutti questi eseprimenti si evince che l'ipnosi animale è in genere caratterizzata da stimolazioni afferenti che inducono inibizioni dei movimenti e di molte altre funzioni. La sua fenomenologia è prevalentemente a carico dell'apparato muscolare (diminuzione del tono e catalessia) ed a carico degli organi di senso (insensibilità tattile e dolorifica).

L'aspetto che comunque ritengo più curioso dell'ipnosi animale sta nel fatto che le relative tecniche di induzione in molti casi non sono affatto una scoperta dell'uomo. Già gli antichi, infatti, avevano osservato come i serpenti (ad esempio), in caso di necessità, possono "incantare" le loro vittime: uccelli di piccola taglia, grosse oche e persino antilopi si lasciano prendere dal loro assalitore rimanendo immobili in uno stato che può essere definito "rigidità da fascinazione".

L'abilità del serpente nell'ipnotizzare attraverso la fascinazione è dovuta a due fattori principali: una particolare libertà di movimento dei lobi oculari (specie nei serpenti tropicali) e un vivace gioco pupillare (specie nei viperidi). Si tratta di una dilatazione psicogena che le pupille presentano nello stato di eccitazione e di un restringimento delle stesse in condizione di quiete. A questi due fattori è possibile aggiungere le peculiari vibrazioni della lingua del serpente che non si limitano ad avere un semplice significato percettivo nell'altro animale.

Queste abilità però, non sembrano comunque garantire al serpente un successo sicuro nella lotta per la sopravvivenza: un esempio osservabile è quanto avviene tra il cuculo senegalese ed il serpente a sonagli. Il confronto inizia con un periodo di fissazione reciproca. Il cuculo senegalese risponde alla fissazione del serpente a sonagli ma, nel momento dell'attacco, il cuculo salta da un lato e attacca con il becco la zona ipnogena del serpente (allo stesso modo degli incantatori di serpenti egiziani). La lotta, iniziata con la reciproca fissazione spesso termina così con la vittoria del volatile.

Nonostante nelle favole i serpenti siano sempre descritti come abili nell'ipnotizzare con lo sguardo, sembra che uno dei migliori ipnotizzatori del mondo animale sia la mangusta (Mungo Herpentes). Anche la mangusta conosce il metodo di lotta contro i serpenti velenosi e, dopo un periodo di fascinazione reciproca, nella maggior parte dei casi vince il confronto: anche lei conosce ed utilizza la zona ipnogena del serpente..

Gli esempi relativi al modo con cui gli animali si ipnotizzano a vicenda in natura, al fine della sopravvivenza, potrebbero moltiplicarsi a dismisura in quanto l'ipnosi è un fenomeno comune ad ogni creatura animale e, dal momento che ipnosi significa essenzialmente dinamismo fra lo stato di veglia e il sonno, è possibile dire che qualsiasi animale in grado di addormentarsi può fare e fa esperienza dello stato di trance. Inoltre, come dimostrano antichi esperimenti, alcunestrategie di induzione ipnotica si dimostrano efficaci sia per gli uomini che per gli animali.

Un esempio paradigmatico ci è offerto infatti da Braid (colui che ha inventato il termine "ipnosi" ): l'autore metteva dinanzi agli occhi dell'animale da esperimento e dell'uomo, un pò sopra la radice del naso, un oggetto lucente, un prisma di vetro o una candela accesa. In tal modo, la semplice fissazione degli occhi sulla sorgente luminosa provocava, nella maggior parte dei casi e per lo più in breve tempo, dapprima la stanchezza degli occhi e delle palpebre poi un tremito ed infine la chiusura spastica delle stesse. Senza ulteriori suggerimenti compariva così un dinamismo ipnotico.

Dott. Luca Lavopa  
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Stato di Trance

Lo stato di trance è definibile sotto diversi punti di vista. In termini molto generali, è possibile dire che, come le persone mostrano differenze notevoli nel proprio stato ordinario di coscienza, così non sono troppo simili nenche nello stato di trance. Le persone tendono a manifestare naturalmente e spontaneamente alcune fenomenologie della trance (e non altre), rispondendo all'ipnosi attraverso modalità del tutto peculiari e soggettive. In altre parole, anche in trance il soggetto mantiene la propria unicità.
Lo stato di trance può essere comunque descritto partendo dall'analisi dell’esperienza delle qualità fenomenologiche dell’ipnosi. Sostanzialmente è possibile identificare tre caratteristiche o dimensioni nucleari dell’esperienza ipnotica:

1) Orientamento verso la realtà ridotto in senso generale: fenomeno della trance per cui la nitidezza del contesto generale o cornice di riferimento è ridotto;

2) Coinvolgimento inconscio: produzione di risposte involontarie o “dissociazione”;

3) Coinvolgimento arcaico: fenomeno per cui si verifica un temporaneo dislocamento o “transfert” degli atteggiamenti emotivi della personalità essenziale costituitesi nelle fasi precoci della vita.

Lo stato ipnotico, a sua volta, può essere sostanzialmente di tre tipi:

1) letargico
2) catalettico
3) sonnambulico

Il tipo letargico di ipnosi è caratterizzata dal fatto che, a seconda della profondità dello stato ipnotico, il corpo umano si va sempre più rilassando. Se nella piccola ipnosi di tipo letargico si solleva la mano del soggetto se ne avverte il peso, se la si lascia improvvisamente, essa ricade subito, come se fosse di piombo. Nell’ipnosi di media profondità questa pesantezza della muscolatura è ancora maggiore e, nell’ipnosi profonda, il corpo del soggetto è talmente rilassato che può essere sistemato in qualsiasi posizione, per quanto lo permetta la struttura ossea. Si osserva il fenomeno del cosiddetto arco letargico.

Nell’ipnosi catalettica, viceversa, la muscolatura si irrigidisce. A mano a mano che l’ipnosi si approfondisce, il corpo diventa più rigido e si tendono sempre di più i muscoli. Così, ad esempio, se si solleva la mano del soggetto nello stadio della piccola ipnosi, essa rimane letteralmente sospesa per aria. Se si cerca di spostarla, si può vedere che resta alzata e rigida come un bastone. Nell’ipnosi media si può osservare il fenomeno della cosiddetta plasticità “a mo’ di cera”: il corpo del soggetto conserva le posizioni (anche le meno naturali) che gli vengono applicate. Nell’ipnosi profonda, infine, la tensione della muscolatura è così elevata che un corpo umano poggiato coi piedi sullo schienale di una seggiola e con la testa sullo schienale dei un’ altra resta sospeso come un “ponte catalettico”. Questo fenomeno colpì nell’antichità l’immaginazione dei naturalisti: si poteva salire sul petto di un tale soggetto, posarvi una pietra ed egli continua a dormire come se niente fosse. Dopo il risveglio il catalettico non ricorda nulla e non prova alcuna sensazione spiacevole. Il tipo catalettico di ipnosi è quello che più si avvicina all’ipnosi animale.

Nell’ipnosi sonnambulica invece, si osserva tutta una serie di interessanti fenomeni di automatismo. Così, ad esempio, se nell’ipnosi poco profonda lo sperimentatore comincia a far girare la mano del soggetto attorno all’altra, questo movimento di rotazione prosegue anche quando lo sperimentatore cessa di guidargli la mano. Nell’ipnosi media di questo tipo, si possono notare dei movimenti più complessi. Così ad esempio l’ipnotizzato può dormire seduto e in piedi, compiere numerosi gesti molto complicati di carattere professionale, dormire a occhi aperti e rispondere alle domande senza svegliarsi. La sensibilità del soggetto è diminuita, egli è bloccato, i suoi riflessi sono scarsi. Nell’ipnosi profonda, infine, l’ipnotizzato, suggestionato dall’ipnoterapeuta, si muove per la stanza, compiendo gesti molto complessi, come un sonnambulo. I suoi movimenti sono agili, i suoi gesti chiari ed egli non dà l’impressione di dormire. Si possono provocare in lui diverse illusioni e allucinazioni (vedere cose che non esistono nella realtà).

Erickson distinse lo stato di trance differenziandolo in:

• trance sonnambulica
trance da stupore

La trance sonnambulica è tipica del soggetto ben allenato (allenato cioè a basarsi completamente sui propri modelli inconsci di risposta e di comportamento): è apparentemente sveglio e funziona ben adeguatamente e liberamente nella situazione ipnotica totale, in maniera analoga a quella di una persona non ipnotizzata che operi a livello vigile.

La trance da stupore è caratterizzata da un comportamento responsivo passivo contraddistinto da un ritardo psicologico e fisiologico, manca quel comportamento spontaneo e quell’iniziativa che sono tipici del comportamento sonnambulico.

La ridotta sensibilità al contesto esterno e l’accresciuta responsività al contesto ipnotico determinano la profondità della trance. Erickson definisce l’ipnosi profonda “il livello di ipnosi che permette al soggetto di funzionare in modo adeguato a livello inconscio senza interferenze della mente cosciente”.

La trance terapeutica è un periodo durante il quale i soggetti sono in grado di andare oltre le limitazioni delle proprie strutture e dei propri sistemi di credenze in modo da poter sperimentare altri modelli di funzionamento in se stessi: l’induzione e il mantenimento della trance servono infatti a costruire uno speciale stato psicologico in cui il soggetto può riassociare e riorganizzare le sue complessità psicologiche interne e utilizzare le proprie capacità in modo congruente con le sue esperienze di vita.



Dott. Luca Lavopa
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Ipnosi - Una definizione

Ipnosi


Nel definire l’ipnosi si può essere oggettivi o soggettivi. Inoltre, un fenomeno come l’ipnosi può essere definito secondo il suo modo di apparire, la sua funzione, la sua eziologia, la sua storia, le sue procedure o nei termini delle sue relazioni con altri fenomeni.

Il termine ipnosi venne proposto per la prima volta dal Dott. Braid (1853) e deriva da Hypnos, dio del sonno nella mitologia greca. Il termine prevede vari significati che tendono a sovrapporsi: ipnosi è lo stato di trance (modificazione dello stato di coscienza), ma è anche ipnotismo (cioè lo studio del modo per facilitare lo stato di trance), ed è anche un campo di ricerca e una metodologia di cura psicologica, e riguarda: la ricerca sui fenomeni ipnotici e sulla trance di per sé (ipnosi come oggetto di studio), l'ipnosi come strumento di ricerca psicologica e l'ipnosi come modalità di accesso alla vita psichica perlopiù inconscia del paziente.



Nel particolare, è possibile dire che l'ipnosi è uno stato mentale naturale, diverso dagli stati di veglia e di sonno, e può svilupparsi in modo spontaneo, autoprovocato (autoipnosi) o indotto (eteroipnosi). Le ricerche cliniche vedono nell'ipnosi un particolare fenomeno psicosomatico che coinvolge l'organismo nella sua totalità attraverso l'attivazione di specifiche vie nervose: mente e corpo sono entrambi coinvolti nella progressiva comparsa dello stato ipnotico.



Lo stato di Trance



Lo stato ipnotico, la trance, può essere vissuta in maniera diversa da individuo a individuo ed arrivare ad essere più o meno profonda. Generalmente lo stato di trance è vissuto come uno stato di benessere e di profondo rilassamento: l'attenzione è caratterizzata da una particolare flessibilità e, le sensazioni, le percezioni, i pensieri, la consapevolezza, la memoria ed i comportamenti, possono essere soggetti a momentanee e funzionali modificazioni. La maggior parte delle applicazioni cliniche dell'ipnosi non necessitano di una trance profonda.



Cosa avviene in ipnosi



In ipnosi si presentano generalmente alcune combinazioni dei seguenti processi: alterata intensità (per esempio nel rilassamento o nella chiarezza e vividezza delle immagini interne), modificata consapevolezza (per esempio focalizzazione interna o concentrazione straordinaria su un particolare aspetto della percezione sensoriale), esperienza e risposta involontaria (ad esempio quando avviene una spontanea alterazione della percezione, un'amnesia spontanea, ecc).



Da un punto di vista psicologico è possibile affermare che la differenza principale tra la "veglia" (lo stato di coscienza ordinario) e la "trance", consiste nel tipo di responsività agli stimoli. La responsività vigile tende a essere finalizzata a una qualche forma di integrazione con la realtà esterna (oggettiva), mentre la responsività ipnotica tende a essere fine a se stessa, completa in se stessa, senza alcun bisogno di integrarsi con la realtà esterna: la situazione di realtà in cui ha luogo l'ipnosi deriva dai processi esperienziali interiori del soggetto.



Un aspetto interessante dell'ipnosi inoltre è che, al di là dell'importanza di utilizzare strategie terapeutiche personalizzate e mirate ad un obiettivo terapeutico, si ritiene che lo stato di trance sia terapeutico di per sé in quanto ripristina il ritmo ultradiano di fondo (RUF), aumenta l'attività parasimpatica, inibisce la liberazione degli ormoni surrenalici dello stress e del glutammato (azione anti-neurotossica), modula le emozioni integrando memoria e apprendimento, e attiva nuove vie neuropeptidiche.



Fenomenologia ipnotica

I principali fenomeni che si possono sviluppare spontaneamente o essere riprodotti nello stato di trance sono:



- La regressione d'età

- Pseudo-orientamento nel tempo (proiezione nel futuro)

- L'amnesia

- L'analgesia

- L'anestesia

- Il comportamento automatico

- La dissociazione

- La catalessi

- L'allucinazione

- L'ipermnesia

- Risposte ideomotorie

- Risposte ideosensorie

- La distorsione temporale

Tali modificazioni, all'interno di un contesto terapeutico, rendono possibile riassociare e riorganizzare le risorse del paziente in funzione del suo benessere, attivare potenzialità psicofisiche nuove e valorizzare quelle già esistenti.



Preconcetti sull'ipnosi



Nella pratica clinica di ogni ipnoterapeuta, soprattutto nel corso del primo colloquio, è frequente la necessità di condividere qualcosa su cosa sia l'ipnosi, e talvolta di demistificare alcuni miti (dei quali alcuni molto ben radicati nell'immaginario collettivo).



Molto diffusa, ad esempio, è l'idea dell'equivalenza tra sonno e ipnosi. Del resto, come si accennava precedentemente, la parola ipnosi deriva dal greco "Hypnos" (che significa "sonno"). La divinità greca Hypnos (Sommus per i latini) era la personificazione allegorica del Sonno, figlio della Notte e fratello gemello diThanatos, la divinità della morte. Secondo il mito, Hypnos viveva in un luogo nascosto, mai illuminato dai raggi solari insieme alla Notte e a suo fratello Thanatos. Al contrario di Thanatos, che induceva gli uomini ad un riposo "eterno" e ad una vita nell'Ade, Hypnos addormentava gli uomini dolcemente con una verga magica, accompagnandoli nell'esplorazione di realtà parallele. Le visioni oniriche guidavano Hypnos nei suoi viaggi e la divinità dei sogni, suo figlio Morfeo, si mostrava a coloro che dormivano sotto molteplici forme. Morfeo, dal greco morphè, significa "forma" e rappresenta la divinità della metamorfosi, della trasformazione.

Nonostante la mitologia greca suggerisca l'equazione tra sonno e ipnosi va detto che, lo stato ipnotico è sostanzialmente diverso dal sonno, anche se spesso viene vissuto come uno stato di profondo rilassamento e di benessere simile a quello che può, talvolta, precedere l'instaurarsi del sonno.



Un altro preconcetto assai diffuso è quello riguardante la possibilità di "perdere la propria autonomia", o "cadere sotto il dominio dell'ipnotista": non si possono certo ignorare le prime teorizzazioni ottocentesche sull'ipnosi o, in tempi moderni, l'ipnosi da palcoscenico (televisiva, cinematografica, ecc). Le ricerche indicano, in via definitiva, che l'ipnosi non è in grado di violare in alcun modo la struttura etico-morale di una persona. Se si chiede questo ad una persona in trance si ottiene, infatti, la stessa risposta che si otterrebbe chiedendolo nello stato vigile, o in qualsiasi altro stato di coscienza. In tutti i casi si ottiene o il rifiuto o lasimulazione della richiesta per compiacere l'altro (fino a quando conviene).

Un'ultima idea, relativamente diffusa, ha a che fare con l'ipnotizzabilità: alcune persone - si dice - non sono ipnotizzabili. Se è vero che le persone possono essere più o meno suscettibili all'ipnosi, e che un'induzione può sempre (in una certa misura) fallire, ciò non implica necessariamente che una persona non possa essere messa in grado di sperimentare uno stato di trance. Occorre tener presente che non esiste un metodo induttivo valido per tutti e che alla base del processo induttivo vi è sempre, oltre alla motivazione ed agli obiettivi espliciti ed impiliciti del paziente, la relazione che si instaura tra terapeuta e paziente. Tutti questi fattori possono essere più o meno funzionali al raggiungimento della trance e, parallelamente, della terapia. La trance, inoltre, va riconosciuta: quotidianamente le persone sperimentano più o meno leggeri stati di trance senza dare loro il nome di "trance".





Dott. Luca Lavopa
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domenica 2 dicembre 2007

Psicoterapia Ipnotica - Roma

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